IL MUSEO EBRAICO

Il Museo Ebraico di Berlino (Jüdisches Museum Berlin) è il più grande museo d’Europa dedicato alla storia e alla cultura ebraica. Si tratta di un luogo inquietante e al tempo stesso tremendamente affascinante, che rievoca le persecuzioni antisemite degli anni ’30 da parte dei nazisti e la tragedia dell’olocausto. Si trova a Lindenstraße, nel quartiere di Kreuzberg (distretto di Friedrichshain-Kreuzberg).

Il museo fu progettato da Daniel Libeskind tra il 1999 e il 2001 per ospitare testi, documenti ma soprattutto opere artistiche che rievocassero la storia e la sofferenza subita dalla comunità ebraica in Germania e nel mondo. Il museo, così come si presenta oggi, è stato inaugurato nel settembre del 2001.

L’edificio è composto da due palazzi, il più antico dei quali è bianco col tetto di tegole rosse e ha nome Kollegienhaus. Fu progettato da Philipp Gerlach nel Seicento e conserva una forma molto classica, a ferro di cavallo. Durante la Guerra Fredda, quest’area si trovava a Berlino Ovest ed era l’unica sede del museo ebraico.

Il palazzo più moderno, invece, è quello creato da Libeskind nel 2001 ed è anche l’area più famosa del museo, a causa della sua forma molto particolare, che richiama alla mente una stella di David (simbolo della cultura e della religione ebraica) spezzata, graffiata o smontata, a rappresentare le violenze subite dal popolo ebraico durante la Shoah e le terribili persecuzioni degli anni ’30. Il palazzo moderno costituisce l’esempio più paradigmatico di Decostruttivismo ed è chiamato “Blitz”, cioè “fulmine” in tedesco, perché dall’alto si presenta proprio come una saetta.

Nell’intento di Libeskind, la cui famiglia venne sterminata dal genocidio dei nazisti, c’era quello di contrapporre a una costruzione classica come il Kollegienhaus una costruzione ultramoderna la cui forma creasse disarmonia e disturbasse l’occhio dello spettatore. In più, i “graffi” sulle pareti, costituiti dalle finestre lunghe e strette dell’edificio, trasmettono un senso di violenza e aggressività (non a caso guardano verso alcune case un tempo abitate da cittadini ebrei vittime della persecuzione). I due palazzi si trovano oggi uno di fronte all’altro.

Nel 2007 anche il Kollegienhaus è stato modificato da Libeskind: è stato aggiunto il Cortile di Vetro, una costruzione che copre la corte interna del palazzo e richiama alla mente le sukkah, cioè le capanne che le famiglie ebraiche costruirono durante l’Esodo.

All’interno del “Blitz”, si possono ammirare mostre temporanee e permanenti, ma vi sono anche: una biblioteca, l’Accademia di W. Michael Blumenthal e un archivio. I corridoi sono progettati per dare un senso di claustrofobia e di labirinto senza via d’uscita. Tutto trasmette angoscia, comprese alcune finestre che hanno la forma degli scarichi delle docce delle camere a gas.

Seguendo questi corridoi, si imboccano tre percorsi diversi denominati “assi”, che rappresentano simbolicamente i tre cammini (o i tre destini) della comunità ebraica negli anni ’30 e ’40 del Novecento: l’asse dell’Esilio, che porta a un giardino con un colonnato e rappresenta gli Ebrei che fuggirono dalla Germania per andare all’estero; l’asse dell’Olocausto che porta alla Torre dell’Olocausto e rappresenta il destino di morte nei campi di concentramento; e infine l’asse della Continuità che porta agli altri due corridoi e rappresenta la volontà degli Ebrei di rimanere in Germania nonostante le persecuzioni e l’emarginazione, per essere condotti verso l’uno o l’altro destino.

Una delle opere artistiche più amate del museo è quella chiamata “Shalechet” o “Foglie cadute”, dove in realtà le foglie di metallo sul pavimento sono i volti delle persone vittime dell’olocausto, opera dell’artista israeliano Menashe Kadishman.

Per saperne di più su altri luoghi di Berlino che conservano la memoria dell’olocausto, vai alla pagina sui LUOGHI DELLA MEMORIA.

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