MANFREDI DI SVEVIA

Vita e morte di Manfredi di Svevia, o Manfredi di Sicilia, ultimo re dell’isola italiana appartenente alla casata degli Hohenstaufen, imperatori del Sacro Romano Impero. La sua romantica fine per mano dell’esercito francese è divenuta leggendaria attraverso il capolavoro letterario di Dante Alighieri, che ne fa un personaggio del Purgatorio, ossia la seconda cantica de “La Divina Commedia” (vai alla pagina “BIONDO ERA E BELLO” appendice dell’argomento per trovare il testo originale che descrive l’incontro con Manfredi).

In questa pagina vengono menzionati spesso i GHIBELLINI. Si vada alla pagina a loro dedicata per sapere chi erano e quando nacquero.

Manfredi era figlio naturale di Federico II di Hohenstaufen, duca di Svevia e re di Sicilia, nonché imperatore del Sacro Romano Impero fino al 1245. La madre era Bianca Lancia, una nobildonna italiana (ma secondo alcune versioni storiografiche, bavarese) che fu amante di Federico a partire dal 1225. Da questa relazione nacquero Costanza (1230), Manfredi (1232) e Violante (1233), ma il matrimonio tra i due fu celebrato solamente quando Bianca si trovava in punto di morte. Non è certa la data, ma è probabile che il fatto sia avvenuto pochi anni prima della morte di Federico II, che ebbe luogo nel 1250.

Federico II di Svevia e Bianca Lancia.

Manfredi era un giovane di bell’aspetto e dai capelli biondo chiaro, secondo quanto affermano le cronache del tempo. Dal padre (definito “stupor mundi” per il suo immenso sapere) aveva ereditato una grandissima intelligenza e l’amore per tutte le discipline, umanistiche e scientifiche, e per questo si dice che fosse il prediletto dei figli di Federico II, a tal punto da preferirlo ai primi due figli maschi legittimi: Enrico (che morì prima di salire al trono, molto probabilmente suicida dopo aver ordito una congiura contro il padre) e Corrado, avuti rispettivamente dalla prima e dalla seconda moglie.

Nel 1248 Manfredi sposò Beatrice di Savoia, figlia di Amedeo IV. Da lei ebbe una sola figlia: la primogenita Costanza, che nel 1262 sposò Pietro III d’Aragona, e per cui il padre aveva una particolare predilezione. Dalla seconda moglie, Elena Ducas, sposata nel 1259, ebbe invece cinque figli.

Quando, il 13 dicembre 1250, Federico II morì (secondo la leggenda, del tutto infondata, forse per mano dello stesso Manfredi), gli successe come re di Germania e di Gerusalemme il figlio Corrado IV, a cui spettava anche il dominio sulla Sicilia. Manfredi ereditò invece il Principato di Taranto, e per diverso tempo si occupò di governare la Sicilia intanto che il fratellastro rimaneva occupato nel Nord Europa. Durante questo periodo, Manfredi fu impegnato in una serie di negoziazioni col papa Innocenzo IV, col quale il padre era stato in forti contrasti. Il papa pretendeva inoltre la sottomissione del Regno di Sicilia all’autorità pontificia, in virtù del concordato di Melfi, cosa che Federico II si era sempre rifiutato di accettare.

Il concordato di Melfi, stipulato nel 1059 tra papa Niccolò II e Roberto il Guiscardo, condottiero normanno, prevedeva l’assegnazione della Sicilia e del resto dell’Italia meridionale a quest’ultimo (inizio della dominazione normanna in Sicilia), mentre il papa si era assegnato il Principato di Benevento, con la clausola che i territori normanni permanessero, da quel momento in poi, in rapporto di vassallaggio con la Chiesa. I territori dell’Italia meridionale occupati dai duchi di Svevia erano stati ereditati da Federico II dalla madre Costanza d’Altavilla, discendente di Roberto il Guiscardo, pertanto la casata aveva l’obbligo contrattuale di mantenere lo stesso rapporto di sottomissione al pontefice decretato inizialmente dai loro antenati.

Quando poi si recò in Sicilia, anche Corrado IV decise di allearsi col papa, sia per risanare i contrasti che c’erano stati tra lui e suo padre, sia per impedire che Manfredi acquistasse troppo potere sulle terre italiane, poiché temeva che le rivendicasse per sé. Corrado divenne dunque uno dei più grandi oppositori del suo fratellastro, che invece era molto benvoluto dal popolo, ma morì in stato di scomunica a causa della sua iniziale ostilità verso il pontefice.

Quando Corrado IV morì, nel 1254, la corona di Germania e di Gerusalemme fu ereditata da suo figlio Corradino. In espiazione dei propri peccati verso la Chiesa, Corrado predispose che Corradino venisse educato proprio dal pontefice, come era già accaduto al nonno Federico II. Pertanto, si stabilì una solida alleanza tra il papa e la casa di Svevia.

Papa Innocenzo IV rivendicò il diritto di vassallaggio su Napoli e sulla Sicilia, cosa a cui Manfredi si oppose categoricamente nonostante quanto stabilito dal concordato di Melfi, e questo comportò per lui la scomunica, che avvenne nello stesso anno della morte del fratellastro Corrado (1254).

Di fronte all’atto di scomunica, Manfredi acconsentì dunque a sottomettere al papa le terre che reclamava e a prestargli un giuramento di fedeltà presso il fiume Liri, in Italia centrale, l’ 11 ottobre 1254. In cambio, venne nominato vicario del papa in Italia meridionale, e fu così che ebbe inizio il regno di Manfredi di Sicilia, durante il quale venne fondata la capitale Manfredonia (Foggia).

Ma i dissapori tra i due contendenti non terminarono qui, infatti le truppe di Svevia non vedevano di buon occhio quest’alleanza del loro re col pontefice, che già una volta era stato nemico della casa di Hohenstaufen (quando si era alleato coi Comuni contro Federico Barbarossa); pertanto riaccesero le ostilità uccidendo un barone alleato del papa, atto che condusse Manfredi a rafforzare il suo esercito chiedendo aiuto alle truppe saracene, prevedendo di lì a poco una reazione da parte del pontefice. La reazione non tardò infatti ad arrivare, ma l’esercito del papa fu sconfitto a Foggia, ma nel frattempo era salito sul soglio pontificio un nuovo papa: Alessandro IV.

Nel 1257 questi scomunicò nuovamente Manfredi, ma la maggior parte dell’Italia preferì schierarsi dalla parte di quest’ultimo anziché di Alessandro, e il papa dovette perciò spostare la sede pontificia a Viterbo, in quanto Roma, occupata dal ghibellino Brancaleone degli Andalò, non era più un posto sicuro per lui. Di questo indebolimento dell’autorità papale ne approfittò lo stesso Manfredi, che nel 1258 si fece incoronare definitivamente re di Sicilia a Palermo, dal vescovo di Agrigento Rinaldo di Acquaviva, ribadendo ufficialmente la sua autonomia come sovrano.

MANFREDI DI SVEVIA
Manfredi viene incoronato re di Sicilia.

Le fazioni ghibelline italiane, schierate con Manfredi, aumentarono sempre più, tant’è che questi poté espandere i propri domini nominando vicari anche in Romagna, in Lombardia e perfino in Epiro, attraverso il matrimonio con Elena Ducas avvenuto dopo la scomparsa della prima moglie Beatrice di Savoia.

Nel 1261, alla morte di papa Alessandro IV, venne eletto pontefice Urbano IV, che nutriva per Manfredi la stessa antipatia dei suoi predecessori. Egli rinnovò la scomunica verso di lui e stipulò diverse alleanze per sottrarre a Manfredi i suoi territori e consegnarli poi a coloro che gli erano stati fedeli, in segno di gratitudine. Una di queste alleanze fu con Carlo I D’Angiò, principe di Francia e figura devota alla Santa Chiesa come pure suo fratello il re Luigi IX, che venne canonizzato nel 1297 (vai alle pagine dedicate agli ANGIOINI e a LUIGI IX del blog associato al sito internet FRANCESEFACILE.altervista.org per trovare informazioni in più sull’argomento).

Nel 1263 le truppe di Carlo D’Angiò presero possesso del Piemonte e della Sicilia, e nel 1266 il pontefice (si trattava ormai di Clemente IV) lo incoronò a Roma re di Sicilia al posto di Manfredi. Nel 1265 Manfredi chiese ai ghibellini suoi alleati l’incoronazione a imperatore del Sacro Romano Impero come suo padre, onde rafforzare la propria autorità per contrastare l’esercito francese, ma l’appello non trovò risposta.

Scendendo nel meridione, Carlo D’Angiò sconfisse l’esercito ghibellino nella battaglia del ponte sul fiume Garigliano, nella provincia di Frosinone. Lo scontro decisivo tra i due eserciti avvenne però il 26 febbraio 1266 nella battaglia di Benevento, dove Manfredi perse la vita. In segno di rispetto, tuttavia, l’esercito angioino decise di dargli comunque degna sepoltura sul campo. La sua salma venne però riesumata qualche mese dopo dal vescovo di Cosenza, Bartolomeo Pignatelli, alleato di Carlo D’Angiò, e il cadavere venne disperso sul fiume Liri.

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