ENRICO IV

La vita e le imprese più importanti di Enrico IV, re di Germania, re d’Italia e imperatore del Sacro Romano Impero Germanico, appartenente della casata di Franconia.

Dopo l’estinzione della dinastia di Sassonia (962- 1024) con la morte di Enrico II, la corona di Germania (che comprendeva alcuni ducati tedeschi tra cui Baviera, Sassonia, Franconia, ecc.), d’Italia (settentrionale) e del Sacro Romano Impero Germanico fu ereditata dalla dinastia di Franconia (Franken) o dinastia salica.

Uno dei più importanti imperatori appartenenti a questa dinastia fu Enrico IV, figlio di Enrico III di Franconia e Agnese di Poitiers.

ENRICO IV DI FRANCONIA
“L’Umiliazione di Canossa”, atto con cui Enrico IV chiese perdono al papa Gregorio VII davanti al castello di Matilde di Canossa

Nato nel novembre del 1050, Enrico si trovò, come molti suoi predecessori, ad ereditare la triplice corona (di Germania, d’Italia e imperiale) ancora bambino. Per questo, durante l’infanzia fu assistito da numerosi arcivescovi, fra cui quello di Colonia e di Magonza, che stravedevano per lui, e forse per questa ragione furono i responsabili del suo carattere estremamente orgoglioso e irriverente.

A causa della giovane età del sovrano e dell’assoluta inettitudine della madre ad assumere la reggenza, dopo la morte di Enrico III vi furono diversi tentativi, da parte degli aristocratici tedeschi, di impossessarsi del trono, il più famoso dei quali fu il colpo di stato di Kaiserswerth. Tuttavia, nessun tentativo andò a buon fine, ed Enrico IV acquistò pieni poteri nel 1065, all’età di 14 anni.

Il giovane imperatore, come i suoi predecessori, era convinto che nominare i vescovi fosse un privilegio del sovrano.

Ottone I di Sassonia, imperatore del Sacro Romano Impero di Germania che salì al trono nel 962, era stato il primo ad accaparrarsi tale diritto istituendo i vescovi-conti, nel tentativo di ridurre il potere dell’aristocrazia feudale, che aveva ottenuto numerose concessioni dai vari imperatori che si erano succeduti prima della sua ascesa al trono.

Prima della nascita dei vescovi-conti, infatti, vi era l’usanza, da parte del sovrano, di affidare i propri appezzamenti di terreno (i feudi) a nobili guerrieri a lui fedeli (vassalli, o feudatari), perché li amministrassero come meglio credevano. Questa concessione stabiliva una perpetua alleanza tra il re e il vassallo, poiché era obbligo che, in cambio del feudo, il feudatario fosse pronto ad entrare in guerra al fianco del sovrano e a porre al servizio di quest’ultimo le sue truppe e la sua preparazione militare.

Inizialmente fu stabilito che, alla morte del vassallo, il feudo tornasse nelle mani del sovrano, affinché potesse ridistribuirlo a un altro suddito. Tuttavia, i nobili fecero in seguito molte pressioni affinché il feudo divenisse ereditario, ossia fosse affidato al proprio figlio maschio primogenito al momento della loro dipartita, senza che potesse tornare nelle mani del re, così da divenire patrimonio della famiglia aristocratica presso cui era stato concesso. Non solo, ma all’interno del feudo i vassalli avevano preteso anche diritto di immunità nei confronti delle decisioni del sovrano, e di pieni poteri sui propri sottoposti, rendendosi del tutto autosufficienti.

Non riuscendo a frenare le pretese di un’aristocrazia molto agguerrita, i vari imperatori si erano visti costretti ad acconsentire a ogni richiesta di quest’ultima, fino a concedere l’ereditarietà del feudo attraverso l’editto passato alla storia come “Constitutio de feudis” del 1037, emanato da Corrado II detto “Il Salico” (Konrad der Salier).

Pagina della Constitutio de Feudis del 1037.

Un tentativo di opposizione da parte dell’imperatore ci fu però un secolo avanti a tale editto, con Ottone I, il quale scelse come suoi vassalli i vescovi, che non solo venivano da lui nominati (e quindi scelti) personalmente, ma, essendo celibi, non presentavano il problema di eredi che potessero pretendere le terre, le quali dunque, alla loro morte, tornavano direttamente al sovrano. Fu così che nacquero i vescovi-conti (così chiamati in quanto possessori di un feudo chiamato “contea”), figure che ottennero sempre più potere, soprattutto in Italia del Nord.

A partire da Ottone I, quindi, tutti gli imperatori avevano preteso per sé il diritto di nominare i vescovi, e addirittura il papa, scavalcando le autorità ecclesiastiche in virtù del “Privilegium Ottonianium del 962.

Tuttavia, nel tentativo di restaurare la Chiesa cristiana, che cominciava da tempo ad assumere costumi corrotti e decadenti, nel 1059 papa Niccolò II indisse il primo Concilio Laterano (o Lateranense), nel quale venne stabilito chiaramente che solo i cardinali potevano eleggere il papa e che solo il papa poteva eleggere i vescovi. Non ultimo, da quel momento in avanti venne anche stabilito il celibato a vita per tutti i religiosi (all’epoca, infatti, il celibato era osservato solamente dai membri delle cariche ecclesiastiche più alte).

Nasceva così il “Conclave”, l’assemblea dei cardinali che sola aveva il diritto di eleggere il pontefice: da quel momento in poi, fu tolto al popolo romano il diritto di scegliere il proprio vescovo, ma il primo papa ad essere eletto unicamente da religiosi, senza alcun intervento da parte dell’aristocrazia romana e dei laici, fu solo Gelasio II, nel 1118, vale a dire cinquant’anni più tardi.

A causa dei decreti emessi durante il concilio, papa Gregorio VII, salito sul soglio pontificio nel 1073 e oggi venerato come santo dalla Chiesa cattolica, entrò subito in forte contrasto con Enrico IV di Germania, che invece continuava a pretendere per sé il diritto di investitura dei vescovi. Nacque così il periodo storico che prese nome “lotta per le investiture“, il quale terminò solo nel 1122 con il “concordato di Worms“.

Non appena eletto, Gregorio VII, molto agguerrito nei confronti di Enrico IV, si premurò di scrivergli numerose lettere ammonendolo severamente a non continuare a nominare vescovi al suo posto, ricordandogli che, in virtù di quanto stabilito da Niccolò II, solo il papa poteva godere di tale diritto. Enrico IV, altrettanto agguerrito, per tutta risposta decise di ignorare ogni ammonizione del papa e di ordinare nuovi vescovi in varie diocesi dell’impero, tra cui quella di Milano, dove venne nominato arcivescovo il nobile Tedaldo.

Fu così che nel 1075 Gregorio VII emanò il Dictatus Papae, un documento in 27 punti che ribadiva non solo il diritto del papa di essere l’unica figura dotata dell’autorità di ordinare i vescovi, ma anche di incoronare e deporre gli imperatori e di sciogliere i giuramenti di fedeltà dei loro sudditi.

Quando Enrico IV, per tutta risposta, cercò di farlo deporre al sinodo di Worms del 24 gennaio 1076, Gregorio VII lo scomunicò e lo dichiarò destituito, il 22 febbraio dello stesso anno.

Questo atto metteva Enrico in una posizione molto difficile, in quanto il suo potere come imperatore del Sacro Romano Impero derivava dall’approvazione della Chiesa e del papa: dal momento che il papa aveva il potere di dichiararlo decaduto, i nobili non erano più autorizzati a ubbidire e a sottomettersi alla sua volontà, e ogni alleanza era automaticamente sciolta.

Per evitare una ribellione da parte dell’aristocrazia tedesca (la stessa, tra l’altro, responsabile dell’elezione del re), questa stessa impose al sovrano di ottenere la revoca della scomunica entro un anno, e precisamente entro il 2 febbraio dell’anno successivo, giorno in cui era stata fissata una riunione del papa ad Augusta, in Baviera.

Perciò Enrico dovette umiliarsi chiedendo perdono a Gregorio VII attraverso il famoso episodio storico conosciuto come “umiliazione di Canossa“. Questo evento prese il nome dalla città dell’ Emilia Romagna dove il papa fu ospite nel gennaio 1077, presso il castello della marchesa di Toscana, Matilde di Canossa. Enrico IV si diresse presso il palazzo della marchesa, sua parente, assieme alla moglie Berta di Savoia e alla suocera, Adelaide di Torino, e stette tre giorni e tre notti (dal 25 al 27 gennaio 1077) inginocchiato di fronte al portone del palazzo vestendo un saio e col capo cosparso di cenere (la “leggenda” oggi tramandata vuole che l’imperatore si trovasse anche in mezzo a una tempesta di neve), aspettando che il papa lo lasciasse entrare.

Enrico IV di Franconia dinanzi a papa Gregorio VII a Canossa.

Questo primo e unico atto di umiliazione di Enrico IV ottenne la revoca della scomunica grazie anche all’intercessione della cugina, Matilde di Canossa, donna molta pia che in seguito lasciò tutti i suoi beni alla Chiesa. Tuttavia, non ottenne la revoca della destituzione, e fu per questo che il duca di Svevia, Rodolfo di Rheinfelden, riuscì poco dopo a impossessarsi del trono grazie al favore dell’aristocrazia tedesca.

Enrico IV, tornato in Germania, riuscì a sconfiggere Rodolfo grazie alla fedeltà del patriarca di Aquileia, Sigeardo di Beilstein, che fu per questo nominato principe tedesco, nonché duca del Friuli e marchese d’Istria. Questa concessione, che ebbe luogo il 3 aprile 1077, portò alla nascita del principato Patria del Friuli, che continuò a esistere fino al 1420, quando venne acquistato dalla Repubblica di Venezia.

Nonostante la vittoria di Enrico, Gregorio VII si rifiutò nuovamente di approvare la sua elezione a re di Germania e il suo posto sul trono del Sacro Romano Impero, così l’imperatore lo fece deporre, e al suo posto nominò Guiberto di Ravenna, che fu eletto antipapa col nome di Clemente III, il 25 giugno 1080. Successivamente, l’esercito fedele a Gregorio VII fu sconfitto nella battaglia di Volta Mantovana (in Lombardia) del 15 ottobre 1080, ed Enrico IV riuscì a entrare a Roma nel 1084 dopo un assedio lungo quasi un anno, costringendo Gregorio VII a darsi alla fuga e a rifugiarsi a Castel Sant’Angelo.

Clemente III prese il suo posto sul trono pontificio e incoronò Enrico IV imperatore del Sacro Romano Impero nel marzo dello stesso anno. Gregorio VII, invece, fu portato in salvo dai Saraceni venuti dalla Sicilia e dai Normanni guidati da Roberto il Guiscardo, giunti in suo soccorso. Questi, tuttavia, non riuscirono a riportarlo sul trono e si diedero invece al saccheggio di Roma. Successivamente, condussero Gregorio in esilio a Salerno, dove il papa morì l’anno successivo, nel 1085.

Enrico IV morì a Liegi, oggi Belgio, il 7 agosto 1106.

Il suo odio verso il papato culminò nell’atto di diseredazione del primo figlio maschio Corrado di Lorena, colpevole di avere prestato giuramento di fedeltà al papa Urbano II nel 1095, contro il volere del padre. Al suo posto fu designato successore il fratello minore Enrico, che nel 1105 pretese l’abdicazione del padre salendo al trono col nome di Enrico V. Questi fu l’artefice del concordato di Worms col papa Callisto II, che il 23 settembre 1122 pose fine alla “lotta per le investiture” decretando la superiorità del papa sull’autorità imperiale. Con il concordato, infatti, venne confermato il diritto del papa di eleggere l’imperatore e venne tolto all’imperatore il diritto sull’elezione del papa e dei vescovi.

La salma di Enrico IV riposa nel Duomo di Spira, in Germania, assieme a quella di Enrico V. La salma di Corrado si trova invece a Firenze, città dove morì, nella chiesa di Santa Reparata sopra cui oggi sorge la cattedrale di Santa Maria del Fiore.

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